martedì 14 maggio 2013

IL RINNOVAMENTO DELLA POLITICA INIZIA DAI GIOVANI

Parlare di politica in questo periodo storico, in questo momento è abbastanza difficile per chi non ha ben chiaro il significato del termine. Politica non è un lavoro, non è una comodità, non è un arricchimento con i soldi degli altri; politica, per come la vedo e la vivo io, è servizio, è bene comune, è gratuità e umiltà. Politica è l'arte di conseguire decisioni in pubblico, trasparenti, per il bene della comunità e non del singolo, che poi diventano condizione necessaria per una convivenza civile.
Purtroppo, però, non sempre viene vissuta in questo modo, anzi fin troppo spesso manca anche di rinnovamento a tal punto che il fulcro di essa è la gerontocrazia. Questo non vuol dire che tutti i "vecchi" non devono più impegnarsi in politica e che bisogna dare spazio solamente ai giovani, assolutamente, sarebbe sbagliatissimo.
Il rinnovamento si attua con un parallelo e una collaborazione tra la saggezza e l'esperienza dei più anziani, e le nuove idee, le criticità e l'entusiasmo dei più giovani. I giovani sono la nuova legna che permette al fuoco di continuare a ardere, insieme a quella che già brucia. 
Come spiega Papa Giovanni Paolo II, i giovani contestano e criticano spesso i valori tradizionali, non a priori, ma per "mettere alla prova nella propria vita e rendere quei valori più vivi, attuali e personali."
Il fine ultimo di queste disamine è quello di creare un "mutamento delle strutture politiche ed un rispettoso distacco". Queste parole sembrano attuali, ma invece risalgono a quarantaquattro anni fa e furono pronunciate da Aldo Moro in un congresso nazionale della DC.
Questo denota quanto sia sempre stato un punto fondamentale il rinnovamento, ma troppo spesso questa richiesta è rimasta nelle parole e non è entrata nei fatti. 
I giovani, però, non sono solo un mezzo, ma devono essere anche un fine, cioè le istituzioni, i politici devono cercare di dare apporto "alle grandi masse di giovani" per superare le difficoltà in cui si dibattono. Questo era uno degli obiettivi che si prefiggeva il leader del PCI Togliatti, per esempio.
Tutto questo non vuol dire che i giovani sono l'unico problema, ma sicuramente sono una delle migliori risorse che deve essere sfruttata.
Sia la richiesta di innovazione che le politiche per i giovani sono accompagnati da una richiesta di partecipazione, che tralasci il passato, e si proietti con convinzione verso il futuro, come sottolineava sempre Moro.
Questa partecipazione deve essere attiva e collettiva, ma soprattutto ciascun giovane deve portare il suo contributo per il rinnovamento e non solo, giusto o sbagliato che sia, perché come diceva Don Milani "Cosa serve avere le mani pulite se si tengono in tasca".

lunedì 13 maggio 2013

QUANTO RAZZISMO...

Quanto razzismo, quanti razzisti, quanto odio per chi è di un altro paese. 
Qui da noi, in Italia, ci sono tantissime persone che hanno paura, che disprezzano chi non è italiano, e la dimostrazione sono le reazioni al gesto, gravissimo, compiuto da quell'uomo che ha aggredito 7 persone, ammazzandone una, a Milano. Quest'uomo va condannato, non perché di colore, non perché ghanese, non perché africano, ma perché ha ammazzato, perché è un folle, perché non ha rispettato la legge
Che tristezza le parole di Salvini, esponente politico, che commenta così: " I clandestini della Kyenge ammazzano la gente a picconate. Chi dice che il reato di clandestinità non esiste spinge alla violenza". Come se non ci fossero italiani che ammazzano, come se gli unici criminali fossero gli stranieri: non è che se un italiano ruba, tutti gli italiani sono dei ladri, se un africano ammazza, tutti gli africani sono assassini, non facciamo sempre di tutta un'erba un fascio!
Quando qualcuno disprezza uno straniero, provi a pensare se venisse lui insultato, disprezzato, isolato in un altro paese, provi a fare lui i lavori che molti stranieri fanno nel nostro paese, per esempio...
Qualcuno dice: "sono loro(gli stranieri) che rovinano il nostro paese", ma chi rovina il nostro paese sono quelle persone che rubano, indipendentemente dalla nazionalità, sono gli evasori che non pagano le tasse, sono quei dipendenti pubblici che anziché lavorare, vanno a fare la spesa, sono quei finti ciechi che prendono la pensione di invalidità (ci sarebbero molti altri esempi, ma mi fermo qua), come se tutte queste persone fossero solo stranieri:  di certo l'integrazione, l'ampliamento di una comunità, la condivisione di culture e tradizioni diverse non rovinano un bel niente.

martedì 7 maggio 2013

"Caro Pd ti scrivo..."

Riporto qui la lettera di un giovane del Partito Democratico, Mattia Peradotto (Qui qualche sua info) che scrive al nostro partito, con il buon auspicio, dopo una serie di considerazioni, purtroppo vere, di poter "far nascere il Pd"!


Caro Pd ti scrivo, così mi distraggo un po’.
Il Pd è nato in queste primarie 2012, dicevamo in tanti; convinti, anzi speranzosi, che quel bagno di gente, quel vento di confronto, di cambiamento e di entusiasmo avesse investito, travolto, un partito per troppo tempo bloccato, pauroso, immobile nella sua difesa della posizione. Gli equilibri interni sempre da rispettare, le 12, 13, 15 correnti da sistemare. Sembrava in quei giorni di novembre che avessimo superato quella logica degli ex, quello sguardo tutto rivolto al passato, che ci aveva fatto cadere spesso e male, perché se non guardi avanti come puoi pretendere di trovare la strada da seguire? Come puoi pretendere di guidare se procedi a tentoni, “obtorto collo”, cercando la via più facile, la più comoda, quella che mette meno in discussione quello che eri e che non tocca minimamente quello che sarai?
Noi credevamo di aver spazzato via in un colpo solo i piccoli potentati interni, i capibastone, i controllori di tessere. Noi credevamo che parlare di pacchetti di voti fosse roba da Cirino Pomicino, sconfitta dal tempo e dalla voglia di cambiare di un partito rimasto bambino troppo a lungo. Siamo stati naive, forse ci siamo voluti illudere che un “tutto e subito” fosse possibile, che fossimo entrati grazie a quel progetto politico avanguardista, pur con tutti i suoi difetti, in una democrazia matura. Le primeavvisaglie degli errori, dell’ingenuità che ci aveva tappato gli occhi le abbiamo vissute nella campagna elettorale. Quella risacca programmatica e politica che mirava a far rientrare l’onda di cambiamento nei confini conosciuti (per dirla alla Blair “una sinistra familiare, una sinistra di difesa dello status quo”), che però non si accorgeva come quella ritirata nel porto sicuro fosse in realtà un errore fatale, perché nel conservatorismo l’elettore si affiderà sempre alla destra, a quell’idea di argine sociale contro tutto ciò che ci può spaventare nel mondo, ma che ci fa anche crescere.
Le avevamo viste le prime avvisaglie ma eravamo troppo concentrati sull’obiettivo, eravamo troppo fiduciosi che il Pd fosse nato davvero, unito da una competizione al rialzo tra un’area liberale e un’area socialdemocratica, un confronto da cui nascono progetti e visioni, perché fondato sulle idee. Eravamo convinti che davvero il contributo di tutti poteva, anzi doveva, contare; le migliori esperienze locali valorizzate come in un vero partito federale, la discussione che divide ma accresce. E invece siamo andati incontro ancora una volta ad aspirazioni frustrate, a unaccentramento totale di linee politiche e di scelte. Dopo l’ubriacatura pop siamo tornati alle torri di avorio, ai caminetti dove i veri protagonisti di tutto quello che pensavamo di aver travolto e superato hanno deciso per noi e su di noi.
Sono riemerse con prepotenza le correnti personali: i vari franceschiniani, lettiani, fioroniani, bassoliniani addirittura. Siamo ricaduti nella logica della lottizzazione, della spartizione anche nella partita del Presidente della Repubblica. E ci siamo svegliati con un partito mai nato, con l’urlo di gioia strozzato in gola. Ecco perché ti scrivo, caro Pd, perché sono “young and naive still” e penso che non tutto sia perduto, penso che la torre d’avorio sia scossa sempre più da fremiti e fermenti, che il tempo dell’autoreferenzialità è finito per sempre. Ti scrivo perché tanti “nativi democratici” ingrossano le tue fila sempre di più. E, paradossalmente, nel momento in cui più insistentemente si torna a parlare di ex, a fare l’albero politico-genealogico dei ministri del governo Letta, nel momento in cui i colpi che vengono assestati a questo “partito mai nato” dalla nomina dei sottosegretari sembrano più che letali, sempre più gente decide di impegnarsi.
A loro, a me, a tutti quelli che credono in questo progetto anche dopo anni di aspettative frustrate, di rospi ingioiati, di Miccichè e Biancofiore sottosegretari, dico che è il momento di farlo nascere. Con consapevolezza, ma senza lasciare indietro l’entusiasmo, vi dico che non c’è scorciatoia che possiamo imboccare: dobbiamo andare e prenderci questo partito, senza sconti. “The New Frontier of which I speak is not a set of promises, it is a set of challenges”.

lunedì 6 maggio 2013

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Come volevasi dimostrare: l'indennità di mandato dei parlamentari del Movimento 5 stelle sarà dimezzata da 10mila a 5mila euro lordi. Ma cosa fare di tutto il resto? Diaria, spese per collaboratori e attività politica, rimborsi per taxi e telefono. La maggioranza dei parlamentari del Movimento dice: tenerselo, rendicontare tutto e restituire l'eccedente solo su base volontaria.
Dal mio punto di vista giustamente perché la vita lavorativa ha delle spese, per le quali il parlamentare non deve rimetterci dei soldi, ma il problema è un altro. Il problema è che hanno portato avanti una richiesta di cambiamento, una richiesta di diminuzione delle spese parlamentari, di abbassamento dei costi della casta, e poi quando capiscono come gira la vita giù a Roma, ritirano tutto, tenendosi quello che avevano promesso di ridare?!
Tutto questo è puro populismo che non porta da nessuna parte, ma permette di avere alcuni voti in più a una tornata elettorale, che verranno persi a quella successiva!

mercoledì 1 maggio 2013

L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO

Art. 1. "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro."

In questa festa nazionale, il mio pensiero va a chi il lavoro non lo ha, a chi lo ha appena perso, a chi lo sta cercando, a chi lavora oggi, e a chi, nonostante lo abbia, viene pagato miseramente, come, per esempio, le nostre Forze dell'ordine e a tal proposito riporto uno scritto della Deputata Ricchiuti: " Di loro i politici parlano solo quando succedono fatti eclatanti. Allora tutti a sperticarsi "bravi, bravissimi i nostri umili servitori dello Stato" etc etc. Poi passato qualche giorno tutto dimenticato. Le Forze dell'ordine hanno stipendi da fame, anzi, negli ultimi tre anni hanno avuto una decurtazione dello stipendio e nel 2014 ci sarà un ulteriore taglio. Non vengono pagati per tutte le ore straordinarie che fanno e lavorano spesso e volentieri per spirito di servizio. Gli ufficiali, magari con più di una laurea, prendono poco più di un medio impiegato. Lo stipendio da dirigente, quale dovrebbe almeno essere loro riconosciuto, non lo vedranno mai. Devono, per ragioni di servizio, cambiare sede periodicamente, con i disagi che possiamo immaginare per la famiglia. Questo per dire che sarebbe ora di fare qualcosa di concreto e di riconoscere loro il giusto. Altrimenti smettiamola con le dichiarazioni ipocrite a cui non crede più nessuno, nemmeno loro. Vediamo se questo nuovo governo dalle larghe intese se ne occuperà anche senza il morto o i feriti di turno. Almeno proviamoci."

Inoltre questa giornata dovrebbe farci riflettere su quali siano davvero i veri problemi del nostro Paese, e su quali, invece, ci stiamo soffermando troppo, anche a volte inutilmente. Per essere più chiaro mi riferisco alla formazione del Governo Letta, che nonostante tutti i problemi che possa avere, nonostante come sia nato (premetto che anche io non avrei mai voluto un Governo con B., ma essendo l'ultima spiaggia, come ho già scritto, metto da parte l'orgoglio, e come ha ricordato il Deputato Speranza citando don Milani: "A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?!"), sta provando a dare una risposta ai tanti problemi, sta cercando di amministrare il nostro Paese. Lo farà bene o lo farà male, adesso non possiamo dirlo, aspettiamo di vedere i risultati.


Le "bagarre" di partito sono indispensabili e costruttive per la democrazia, sarebbe grave se non ci fossero (a proposito, in alcuni schieramenti non ci sono, e tutto sembra andare bene, ma succede così perchè c'è un uomo solo al comando), ma non devono andare a coprire e/o sostituire i problemi del paese. Sono un mezzo, non un fine. 


Vorrei chiudere con una frase di Franklin Roosevelt, o po' provocatoria, ma molto veritiera: 

"La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature."